SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGICA
DELLA LOMBARDIA
Le strutture attuali dell’edificio, ricostruito nel XVII e ristrutturato nel XIX secolo, palesano solo alcune precsistenze di età romanica, ma dalla chiesa provengono epigrafi funerarie datate tra la fine del V e la prima metà del VI secolo, un reliquario in argento decorato a sbalzo a due laminette votive, anch’essi del V secolo. Di particolare rilievo un’epigrafe funeraria del vir illustris Pieni us, identificato con il comandante in capo delle truppe di Odoacre, sconfitto e ucciso in battaglia da Teodorico nel 489, nei pressi dell’Adda, come ricordano le fonti del tempo. Proprio questa notizia consente di collegare la Pieve di S. Stefano all’insediamento fortificato di Monte Barro, oggetto di 12 campagne di scavo del 1986 al 1997 e rivelatosi come un grande castello del V-VI secolo, con funzione difensiva e di controllo rispetto ai grandi tracciati viari che passavano ai suoi piedi: la via d’acqua lago di Como-Adda e la via pedemontana Bergamo-Como, tratto quest’ultimo di una delle arterie più importanti dell’Impero romano, soprattutto nel IV-V secolo, in quanto collegava Aquileia con Treviri, nella Renania, città, unitamente a Milano, tra le più importanti dal punto di vista economico (erano sulle rotte commerciali Adriatico-Alpi) e politico (vennero scelte come residenze imperiali).
Le ricerche alla Pieve di Garlate hanno consentito di focalizzare: le caratteristiche dell’insediamento di età romana (secoli I-V) che precede il luogo di culto cristiano, la struttura e l’utilizzo prolungato di una prima cappella cimiteriale (fine V-metà VII), la sua trasformazione in oratorio (VII secolo), la ricostruzione di età romanica, con le fasi cimiteriali di età medievale e moderna.
In età romana in riva al lago di Garlate, venne costruito un edificio disposto a gradoni sul versante della collina. Verso il lago, vi era un approdo; a monte, la strada pedemontana che, attraversato l’Adda ad Olginate, dove ancora si conservano sott’acqua i pilastri del ponte romano, iniziava a risalire verso la sella di Galbiate.
I frammenti superstiti di pavimenti in mosaico a terrazzo con fasce laterali bianche e nere e di affreschi a grandi campi colorati indicano una elevata qualità e suggeriscono, unitamente ai reperti ceramici, una datazione al I sec. d.C. La funzione dell’edificio, del quale sono stati scavati alcuni ambienti, rimane tuttavia, allo stato attuale dell’indagine, ancora problematica.
Alcune murature dell’edificio romano vennero riutilizzate, nel corso del V secolo, per una cappella funeraria privata. Ad aula unica, con abside semicircolare aggiunta presumibilmente in un secondo momento, accolse una ventina di sepolture: un sarcofago, una tomba alla cappuccina, la altre a cassa di lastre di pietra. A questa prima fase di inumazione sono da riferire le sottili lapidi funerarie di marmo, databili tra il 489 e il 539, collocate in origine sulle pareti del sacello. Lo scavo ne ha restituito numerosi frammenti che si aggiungono alle tre rinvenute nel XVIII secolo e ancora nel 1896.
L’epigrafe più importante, e più antica, è quella già ricordata del vir illustris Pierius, ma non abbiamo elementi per dire se il mausoleo venne costruito espressamente per lui e poi usato anche da altri, o se già esistesse allorché vi venne deposto.
Le tombe continuarono ad essere riusate fino al VII secolo, forse perché appartenenti al medesimo gruppo familiare o, con una interpretazione opposta, perché ad un gruppo se ne era sostituito un altro. In attesa dei dati antropologici, attualmente in corso di analisi presso il laboratorio dei Musei Civici di Como, dobbiamo lasciare irrisolto anche questo problema e limitarci a sottolineare che alcuni personaggi qui sepolti erano avvolti in preziosi vestiti (ne è rimasta l’impronta nel fango di due tombe) e con un corredo funerario oggetto di ripetute spoliazioni. Sono sfuggiti alla depredazione solo gli oggetti più minuti (elementi di cintura in ferro con agemine d’argento, un minuscolo anello d’oro di una bambina) o più modesti (pettini) e solo una sepoltura della prima metà del VII secolo si è conservata intatta.
Presumibilmente alla fine del VII secolo, il sacello cimiteriale venne trasformato in oratorio con l’aggiunta di un’abside semicircolare e con una generale ripavimentazione: quella dell’abside con un mosaico di tessere recuperate, quello della navata con pezzi di pavimento a terrazzo di età romana riposizionati e riallettati su malta, singolare esempio di reimpiego di materiali antichi. La cappella altomedievale non subì modifiche strutturali di rilievo, né venne più utilizzata per sepolture fino attorno al Mille, quando, al suo posto, venne edificata una più ampia chiesa romanica a tre navate, della quale sopravvive attualmente in alzato il campanile.
La cappelle altomedievale di S. Stefano di Garlate (ammesso che anche nel VII secolo avesse questa untitolazione), considerate le modestissime dimensioni, non era probabilmente il luogo di culto principale, identificabile nella chiesa di S. Agnese che sopravviveva sulla riva del lago, poche decine di metri a N della prima, ancora alla fine del XVI secolo, quando in ragione della sua fatiscenza se ne decretò la distruzione.
Un altro oratorio, che l’intitolazione a S. Cassiano fa presumere di antica origine, sorgeva lungo la strada romana poco a monte di S. Stefano. Ricostruito in forme moderne, non conserva alcuna traccia della sua presumibile antichità.
La presenza di ben tre chiese va posta in relazione con l’importanza del sito di Garlate in età tardoantica e altomedievale, crocevia ove si intersecavano il percorso stradale e quello via acqua, posto in vicinanza di un importante castello quale doveva essere il Barro tra V e VI secolo.
Solo nel Bassomedioevo, quando venne ricostruita in forme romaniche, la cappella di S. Stefano soppiantò il primitivo luogo di culto di S. Agnese. La nuova chiesa era a tre navate e tre absidi, con alto campanile che ancora sopravvive in alzato. La chiesa era affrescata: nell’abside della navata meridionale se ne conservano alcuni frammenti. Sepolture vennero deposte sistematicamente sia all’interno che all’esterno della chiesa, a significare una rinnovata funzione cimiteriale, questa volta in collegamento con la cura d’anime.
GARLATE, PIEVE DI S.STEFANO: IMMAGINI CON CROCI TOPOGRAFICHE RIFERITE ALLA MAGLIA DI SCAVI
Un episodio significativo, che le fonti scritte consentono di collocare nel XIII secolo, fu infine la fortificazione dell’abitato e della chiesa con un vallo che tagliò la prima fase delle tombe bassomedievali. Rimase in uso per breve tempo; sul suo reinterro si impostò una nuova fase di sepolture.
Gian Pietro Brogiolo
Tra il 1995 e il 1997, presso la Pieve di S. Stefano di Garlate si sono succedute tre distinte campagne di scavo, promosse e finanziate dal parroco don M. Colombini. Direzione scientifica: G. P. Brogiolo (Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Padova); responsabili di scavo: G. Bellosi e L. Doratiotto; responsabile dei rilievi: A. Maifreni